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L’Italia non ha fatto i conti con la sua immigrazione
Cristina Giudici
Originario del Camerun, nato in Francia, si è trasferito a Parma per studiare Medicina. E’ il primo primario africano a guidare la cardiologia pediatrica all’Ospedale Maggiore di Parma e ci ha spiegato perché secondo lui l’Italia è l’America.
Ruota intorno a un complicato intreccio familiare, la storia professionale del professore Bertrand Tchana. Diventato il primo primario africano della cardiologia pediatrica dell’azienda ospedaliera e universitaria di Parma un anno fa. Nato in Francia cinquant’anni fa, suo padre che sognava di diventare medico ha preso invece due lauree in ingegneria e ha fatto pressione sul primogenito Bertrand affinché fosse lui a fare il medico, anche se il figlio aveva la vocazione opposta e desiderava fare l’ingegnere. E a complicare ancora di più la sequela di vocazioni mancate, c’è stato pure il fratello minore di Bertrand che voleva fare il medico come il padre e si è trovato ingegnere in Canada. E così, da tutte queste scelte incrociate che nessuno voleva fare, è venuto fuori lui, quello che i suoi piccoli pazienti chiamano il dottore di cioccolato. Ossia l’unico primario afroitaliano di una specialità delicata come è quella della cardiologia infantile.
E racconta volentieri la sua storia a Radici, mentre osserva: «L’Italia è un Paese di emigrazioni, ma paradossalmente è anche il Paese che capisce meno l’immigrazione né ha ancora fatto i conti con il multiculturalismo che sta emergendo». Ed è proprio così perché ancora una volta, davanti a un’eccellenza medica, non abbiamo trovato la fila ad intervistarlo. E ancora una volta ci siamo arrivati per caso perché lo conoscono solo gli addetti ai lavori e la sua carriera è restata sotto traccia, quasi invisibile, come un geroglifico da decriptare. Originario del Camerun, appartiene a quella che lui stesso definisce “una forza silenziosa” che tiene in piedi l’Italia. E non si riferisce agli immigrati diventati italiani che fanno lavori qualificati, ma a tutte le nostre eccellenze, sconosciute o ignorate sia all’estero sia in Italia. Seduto nel suo studio all’interno dell’Ospedale dei bambini Pietro Barilla – una struttura imponente fatta di lastre di specchi e costruita con il contributo della Barilla -, sorride. Anche se si percepisce un velo di amarezza fra le sue parole. Forse perché gli piacerebbe poter essere utile al suo Paese di origine, dove suo padre è tornato dalla Francia per contribuire alla modernizzazione: il Camerun, l’unico paese stabile del Centro Africa dopo la sanguinosa guerra per l’indipendenza. Alle pareti ha appeso un poster che gli hanno regalato i suoi colleghi su cui c’è scritto “Keep calm Bertand” e ci mostra un disegno fatto da un suo piccolo paziente che lo ha ritratto su un foglio bianco in cui ha scritto: “Lo zio Bertrand è il medico più bravo del mondo”. Sorride anche quando ricorda quel bambino che, vedendolo, si è messo a piangere e la mamma gli ha spiegato un po’ mortificata: «Mi scusi dottore, ma quando mio figlio non dormiva io gli dicevo: guarda che arriva l’uomo nero».
Il primario Bertrand Tchana ha uno spiccato accento parmigiano (erre moscia compresa). E ci racconta: «Dovendo fare il medico, ho scelto la pediatria perché mi piacciono i bambini. Da studente ho fatto però molti tirocini prima di decidermi, prima di incontrare uno dei miei maestri, il professor Olivetti, che mi chiese cosa volessi fare da grande. E fu così che decisi di fare cardiologia pediatrica dove incontrai un altro grande maestro: Umberto Squarcia» (che ha guidato prima di lui il reparto di Cardiologia pediatrica dell’Ospedale Maggiore di Parma). Adesso anche lui ha degli allievi tirocinanti nell’azienda ospedaliera universitaria dove si è formato, ed è riuscito a creare una collaborazione tra la sua università e una del Camerun.«Ci vorrebbe un flusso bidirezionale che permettesse all’Africa di svilupparsi e invertire le migrazioni che non vadano più solo da Sud verso Nord, ma anche al contrario» ci spiega.
In Italia dal ’94, cittadino italiano da dieci anni, dice che ci sono diversi medici africani, quasi tutti del Camerun, che si laureano nella facoltà di Parma anche se in ospedale ne entrano pochi: la maggior parte va a lavorare nelle case di cura o a fare la guardia medica. Il primario Bertrand Tchana non ha avuto problemi di integrazione e impedimenti nella sua ascesa professionale per due motivi: la cardiologia pediatrica è un settore clinico di nicchia che prevede un percorso impegnativo e lui ha avuto dei mentori che lo hanno incoraggiato a tracciare la linea del suo destino professionale. Ha visitato molti altri istituti di eccellenza, in giro per i globo, fra cui Boston, ma è sempre tornato indietro a Parma perché è qui che i suoi maestri gli hanno trasmesso l’essenza del rapporto empatico fra medico e paziente. «Al Boston Children’s Hospital dove sono stato per tre mesi nel 2014 come visiting fellow per partecipare all’esecuzione e diagnosi di oltre duecento risonanze magnetiche cardiache a bambini ed adulti con cardiopatie congenite, ogni tanto vedevo qualche nome scomparire dal monitor perché non avevano l’assicurazione sanitaria. E per me tutta l’eccellenza medica e tecnologica del mondo perde valore se la prima domanda che ti fai è se la famiglia può pagare e non quale sia la patologia da curare».
E infatti poi ci ha detto una frase che colpisce o che non ti aspetteresti da un medico che di solito tende a tenere le distanze da chi cura per non lasciarsi coinvolgere: «Io mi porto a casa tutte le storie dei bambini che seguo. Non voglio dimenticarle, semmai le sublimo. E poi quando se ne vanno, resta sempre una ferita profonda». Perché un conto è riparare le funzioni cardiologiche degli adulti e un altro tenere in vita bambini con una malformazione cardiologica o dei linfomi. Il loro destino è quasi sempre segnato e sono i primi a saperlo. «I bambini sono pazienti seri. Non puoi contargliela su perché sanno cosa li aspetta», ci ha raccontato, «altrimenti perdi la loro fiducia». Il dottor Tchana ricorda ancora quel bimbo affetto da Hiv, che era resistente alle terapie. Ha provato a trasmettergli speranza, a dirgli che sarebbe tornato a casa, ma il piccolo paziente lo ha guardato negli occhi e gli ha detto: «Tanto io fra poco sarò ancora qui».
Bertrand Tchana ci racconta anche come è arrivato ad essere primario della cardiologia infantile nell’azienda ospedaliera e universitaria di Parma, che è considerata un’eccellenza della diagnostica. Sono stati determinanti i suoi maestri, certo, ma anche la sua propensione al sacrificio ereditata dal padre che lo ha portato a fare ventuno esami in un anno. Lavoro sacrifico e passione, passione sacrificio e lavoro. Ed è significativa la sua percezione degli studenti italiani. «Molti giovani italiani cercano la scorciatoia, il posto fisso che produce rendita e pensano che sia facile arrivare al traguardo, mentre gli stranieri o gli immigrati di seconda generazione si impegnano per andare veloce. Io cerco di fare capire che non ho studiato tanto perché sono somaro, ma perché la cardiologia è un percorso lungo e impegnativo», ironizza. Messaggio sotteso: sono gli stranieri e figli immigrati che vanno più veloci, spinti dalla molla del riscatto sociale. Perché lui, che ha vissuto sotto traccia, lo ripete più volte, prima di congedarci: l’America è in Italia. L’Italia ha creato uno standard di qualità oltre il quale non si scende. E ad ascoltarlo mentre elogia il Paese in cui vive e cura i bambini viene in mente la canzone di Francesco De Gregori: L’Italia che lavora e l’Italia che resiste.
CREDITS: RADICI ONLINE
LINK: http://radici.online/litalia-non-ha-fatto-conti-con-la-sua-immigrazione/
Programma 4° Congresso AMCI

Medici del Camerun a Parma: due giorni di iniziative
Incontro sul primo soccorso aperto a tutti, conferenza e serata di gala
I medici originari del Camerun operanti in tutta Italia si danno appuntamento a Parma per due giorni di iniziative, venerdì 2 e sabato 3 giugno. Venerdì, incontro aperto a tutti sulle nozioni di primo soccorso e la prevenzione delle malattie cardiovascolari, dalle 16 alle 20 nella Casa madre dei Saveriani (viale San Martino 8). Sabato, dalle 9 alle 15 all’hotel Link 124 (via San Leonardo 124) conferenza sulla diaspora medica camerunense in Italia. Parteciperanno, fra gli altri, l’ambasciatore del Camerun Dominique Awono Essama, il presidente dell’Ordine dei Medici di Parma Pierantonio Muzzetto e il suo omologo del Paese africano, Guy Sandjon. Dalle 16, torneo di calcetto a Moletolo e alle 20 serata di gala al Dado Hotel: saranno raccolti fondi per un orfanotrofio in Africa. Saranno anche rinnovati i vertici dell’Associazione Medici Camerunensi in Italia. L’incontro sul primo soccorso è gratuito e aperto a tutti, italiani e stranieri: “E’ facile chiamare il 118 se qualcuno sta male, ma bisogna anche sapere cosa fare nel frattempo”, spiega Jean Paulin Mbissoko, già presidente dell’associazione dei medici del Camerun in Italia (che ha sede a Parma) e candidato per un nuovo mandato. Le elezioni si svolgeranno dopo il convegno di sabato 3 giugno, cuore delle iniziative. Si discuterà del lavoro dei medici camerunensi e dei modi in cui questi ultimi possono aiutare il loro Paese di origine. Fra gli scopi principali dell’associazione c’è quello di mettere in rete i medici camerunensi che lavorano in Italia: “Siamo tantissimi e spesso non ci conosciamo - spiega Mbissoko -. L’Ordine dei Medici del Camerun ha rappresentanti in tutti i Paesi d’Europa. Per l’Italia il rappresentante sono io. Per l’elezione del direttivo, nella mia lista ci sono persone di tutta Italia”.

REGGIO EMILIA, ASL PREMIATA
Una eccellenza nella Sanità Pubblica l'ha segnalata l'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'AUSL di Reggio Emilia, lodata per il suo approccio all'assistenza dei migranti.
Il servizio di Valeria Papitto dal Tg3 delle 19 del 14 giugno 2019
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